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  When women thrive, humanity thrives.

Quando le donne prosperano, l’umanità prospera.

È la frase ricorrente al Women’s Pavilion di Expo2020, Dubai. Dal 1 Ottobre 2021 al 31 Marzo 2022, (slittato di un anno per pandemia).

Potrà sembrare un luogo comune visto con gli occhi sospettosi di chi guarda un ricco paese non democratico, fortemente patriarcale quale è Dubai, eppure, Reem Al Hashimy è una giovane donna nata a Dubai, laureatasi ad Harvard (USA), Ministra per la Cooperazione Internazionale dal 2016 e Direttrice Generale di Expo 2020. “Gli stereotipi sono pericolosi per tutti, non solo per le donne arabe o islamiche. Gli Emirati Arabi Uniti hanno una comprovata esperienza nell’empowerment femminile: abbiamo nove Ministre, oltre la metà dei parlamentari è donna e c’è una forte presenza di imprenditrici e scienziate”.

Ero davvero curiosa di visitare il Padiglione, da quando mio figlio Jacopo, che vive e lavora lì, me ne ha parlato e ha filmato la cerimonia di apertura in ottobre 2021.

Sotto l’egida della Vicesegretario Generale delle Nazioni Unite per le donne, Phumzile Mlambo-Ngcuka, al Padiglione hanno lavorato varie artiste e curatrici, tra le quali l’attrice e regista libanese Nadine Labaki; l’attrice, regista, cantante e pianista francese Mélanie Laurent; l’architetta francese Laura Gonzalez; l’artista di Dubai Kholoud Sharafi, la light designer francese Pauline David, come pure l’artista El Seed, nata in Francia da genitori tunisini. Allestito in collaborazione con Cartier, il Padiglione è stato concepito per celebrare il ruolo delle donne come ispiratrici e promotrici del cambiamento, nella storia e nel presente.

Non succedeva dagli Anni 90 che in un’esposizione universale ci fosse uno spazio dedicato all’universo femminile. Il Women’s Pavilion assume un significato ancora più rilevante dal momento che è promosso dagli Emirati Arabi Uniti (UAE) che nel Global Gender Gap report 2021 figurano al 72° posto su 156 stati. Va riconosciuto che gli UAE sono tra i 5 paesi che più hanno lavorato per diminuire il gender gap nell’ultimo anno (insieme con Lituania, Serbia, Timor Est e Togo), indipendentemente dalla posizione di partenza, e che in Medio Oriente sono superati solo da Israele sulle questioni di parità di genere. Un’accelerazione dovuta probabilmente all’effetto Expo.

Il padiglione delle donne è diviso in 5 aree tematiche: oltre ad una zona che introduce al tema, c’è uno spazio dedicato ai risultati raggiunti dalle donne in vari campi del sapere, un altro alle sfide che ancora ci attendono nella strada verso l’emancipazione; un quarto spazio che esplora possibili soluzioni per raggiungere la tanto agognata parità e infine un luogo dedicato ad iniziative per coinvolgere il pubblico. (www.elle.com)

Entro al Padiglione con l’intento di documentarlo, perciò attivo il video del cellulare, cosa consentita ovunque, e vengo invitata ad entrare subito nella prima sala perché sta per iniziare il toccante film documentario “New Perspectives”, della regista libanese Nadine Labaki che dà voce a bambine e bambini sul tema della disuguaglianza di genere.

Si entra poi in una sala buia ma costellata di stelle, con la scritta luminosa, in alto sulla porta ad arco arabo, “Le donne illuminano la via”, volti di donne brillano su cornici luminose appese alle pareti. Quelle che hanno fatto la storia, nel mondo della cultura, della scienza, delle arti, dello sport, e le meno note come Fatima al Fihriya musulmana marocchina morta attorno al 900 dc. che ha creato la prima università a Fes. Donne che nella loro comunità hanno lasciato un segno decisivo, al di fuori della nostra visione periferica occidentale, come la giovane indiana che aiuta le ragazze a rimanere nel sistema scolastico, creando assorbenti dalle foglie di banana. (L’India ha un tasso notoriamente alto di giovani donne che abbandonano la scuola una volta raggiunta la pubertà). Poi Le Donne guerriere, nella storia, nel fantasy, i movimenti delle donne a partire dalle suffragette, le donne che oggigiorno rivestono ruoli di potere, un cartello che parla dell’importanza dell’istruzione, altri danno i dati sulle mutilazioni genitali femminili, sulle bambine date in spose, sulla mortalità in gravidanza e parto e poi la fame, la povertà, la violenza. L’accesso all’acqua pulita. E il lavoro delle donne: un cartello indica i dati del Decreto Presidenziale UAE in vigore da settembre 2020:

-Uguale retribuzione fra donne e uomini nel settore privato

-Le donne ricoprono 2/3 del lavoro nel settore pubblico.

-Nella lista di Forbes del 2020 sono 23 le donne degli Emirati Arabi Uniti fra le 100 donne d’affari arabe più potenti, in cui gli Emirati Arabi Uniti sono al primo posto.

-Gli Emirati Arabi Uniti hanno lanciato l’iniziativa “100% donne”, che mira a incorporare l’uguaglianza di genere.

Durante il Travel & Connectivity week (9-15 gennaio), la Vice President of Public Affairs, UPS Europe, Cristina Falcone, ha parlato dei benefici economici e sociali a livello mondiale derivanti dalla parità di accesso per le donne al mercato del lavoro globale. I dibattiti rientrano nell’ambito delle “visioni e Journeys” di Women’s World Majlis (in arabo assemblea, riunione), una sorta di congresso mondiale per affrontare il ruolo della donna nella creazione di un mondo più sano, più sicuro e più pulito, e la serie “Women in Arabia and Islam” per mettere in luce storie di vita reale di donne che hanno indicato la strada e dato l’esempio nel raggiungere nuovi traguardi. Il giorno clou del Women’s Pavilion sarà naturalmente l’8 marzo 2022, quando, in occasione della giornata mondiale della donna, verrà organizzato un forum globale sul tema delle nuove prospettive femminili. (www.thejournal.com)

Benvenga l’Effetto acceleratore di Expo2020 nel superamento del Gender Gap negli UAE, poiché se anche fosse un fiore all’occhiello propagandistico del potere patriarcale, rimane il dato di fatto che le donne in ruoli decisivi e non solo, siano in aumento. Come nell’avveniristico Museo del Futuro, dove vi lavorano pressoché tutte donne, provenienti da tutto il mondo, come testimoniato da mio figlio che spesso vi lavora. Devono lottare per diritti che noi donne occidentali abbiamo acquisito una cinquantina di anni fa, vedi la legge sull’aborto, ma che dobbiamo sempre, ciclicamente difendere, come un diritto non così radicato nel nostro sistema sociale. Speriamo per loro che le promesse del decreto siano mantenute e questo sia solo l’inizio.

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